martedì 17 aprile 2018

Tutto quello che non è storia

Shanben se n'è andato prima che capissi la sua storia. Concentrato com'ero a districarmi nei costrutti che infarcivano il libro di cinese. Il dialogo fosse stato all'inizio dell'unità, allora forse ci sarei arrivato. Nascosto com'era in mezzo ai contenuti, con l'insegnante Mao che diceva, "Se c'è tempo lo facciamo", passo dopo passo, ho dimenticato nomi, situazioni, il susseguirsi degli eventi e lo scorrere del tempo. E così Shanben si è defilato con un saluto impigliato fra i denti, come se l'avergli precluso le luci della ribalta durante la lezione, lo avesse costretto a fare in fretta la valigia e a partire.
Probabilmente c'era chi lo aveva seguito nelle sue vicissitudini ed era rimasto sorpreso dal suo ritorno a casa.  Io a stento riuscivo a ricordarne il nome. Figurarsi se mi ero accorto che si trattava di un giapponese, il signor Yamamoto, che si scrive con gli stessi caratteri del cinese “山本”. L'ho sempre detto che la lingua si studia in funzione di una storia, di una situazione. Io l'ho persa perchè già smarrito nei labirinti della frasi fatte, delle espressioni grammaticali e dell'ordine delle parole. Da studente ho dimenticato quello che sta alla base del mio metodo come insegnante. Per poi trovarmi davanti ad un muro. Con Yamamoto risentito della mia indifferenza. Con in mano un libro ingrigito di cui mi sarei potuto disfare all'istante vendendolo al BOOK OFF.  Con la voglia però di iniziare un nuovo testo. Questa volta ignorando tutto quello che non è storia.

Nessun commento:

Posta un commento